Uno strumento per vincere le avversità e superare i momenti più tristi che inevitabilmente possono accadere a ciascuno di noi consiste nel ragionare in termini di possibilità. Indipendentemente dai contraccolpi negativi, che possono derivare dalle circostanze della vita, è fondamentale ragionare in termini di possibilità. In pratica tutto quello che ci succede ha una ragione e uno scopo e che possiamo servircene.
Un esempio di questa convinzione, che ho raccontato nel mio libro “Rendere al massimo“, scaturisce dalla vita dell’attore americano Christopher Reeve, divenuto celebre per l’interpretazione del film Superman.
Reeve, nel maggio del 1995, rimase per cinque giorni tra la vita e la morte per una frattura alla spina dorsale causata da una brutta caduta da cavallo. In quelle circostanze drammatiche l’attore nella sua autobiografia (Sempre io, Casa Editrice Tea, 1998, pp. 308) confessa di aver pensato più volte “di lasciarsi morire”.
Ma proprio in quei momenti di totale sconforto si sentì dire da sua moglie le parole che gli cambiarono la vita: “Ascoltami bene – disse – io ti sosterrò in ogni caso, perché si tratta della tua vita e della tua decisione. Ma sappi che ti rimarrò sempre accanto, quali che siano le difficoltà”. Poi, aggiunse le parole che lo salvarono: “Sei sempre tu. E io ti amo”. Quelle tre parole “sei sempre tu” esprimevano qualcosa di veramente importante che non dovremmo mai dimenticare: nella vita non sono fondamentali l’aspetto fisico o i traguardi che abbiamo raggiunto, ma chi siamo veramente.
Dopo sei mesi di interventi, sofferenze e terapie Reeve tornò a casa immobilizzato su una sedia a rotelle, costretto a dipendere interamente dagli altri per mangiare, per respirare, per vivere. Eppure rifiutò di arrendersi. Decise di servirsi di quel che gli era accaduto e di volgerlo a proprio favore, in qualsiasi modo gli fosse stato possibile farlo. Da allora fino alla sua morte avvenuta il 10 Ottobre 2004, dedicò la sua vita ad una coraggiosa battaglia per le centinaia di migliaia di persone nel mondo vittime, come lui, di lesioni alla colonna vertebrale.
A conclusione della sua autobiografia scrisse: “Se qualcuno dovesse chiedermi qual è la cosa più difficile che ho imparato da questa situazione, sarei molto chiaro: non consentite al pessimismo di prevalere su di voi. Sapete, l’incidente mi ha reso invalido, ma sono felice di aver deciso di vivere. Tutti devono superare costanti difficoltà e disavventure, ma non c’è bisogno di essere Superman per farcela”.
La storia di Christopher Reeve ci ricorda che, distinguere il fallimento dal successo non è ciò che ci accade, ma il modo con cui percepiamo tutto ciò. Quel che è capitato a Reeve poteva essere motivo di abbandono alla disperazione fino al punto di farsi morire, ma grazie alle parole di sua moglie e alla sua forte determinazione è riuscito a “imparare” da ciò che gli era successo e a pensare che quell’esperienza avesse, comunque, uno scopo. Prima o poi gli avrebbe procurato dei vantaggi. Il risultato di questo modo di rappresentare la vita fu che Reeve elaborò convinzioni e valori che gli permisero di continuare a dirigere la propria esistenza e quella delle persone a lui vicine in termini positivi, anziché tragici.
Tratto dal mio libro “Rendere al massimo”, Casa Editrice De Vecchi